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La Tunisia che non sorride più

  • Immagine del redattore: Max RAMPONI
    Max RAMPONI
  • 25 ott
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 27 ott


MANIFTUNISIA

LA TUNISIA CHE NON SORRIDE PIÙ è il riflesso più evidente di un disagio profondo che non nasce oggi e non finirà domani. È il volto stanco di un Paese che ha perso la leggerezza senza trovare ancora un nuovo equilibrio. L’assenza del sorriso non è un dettaglio antropologico, ma un indicatore sociale: racconta la perdita di fiducia nel futuro, la corrosione lenta del senso civico, la fatica di vivere in una realtà che non premia il merito, non garantisce il lavoro e non protegge i più fragili.


Negli ultimi anni, la Tunisia ha vissuto un processo di deterioramento economico e morale che ha superato la soglia della resilienza. I prezzi salgono, gli stipendi restano fermi, il dinaro perde valore, e l’inflazione non è più un dato statistico ma un trauma quotidiano. Il cittadino medio non parla più di politica o di ideali: parla di farina, zucchero, carburante, di quando arriverà il prossimo aumento dell’elettricità. La sopravvivenza ha sostituito l’aspirazione. La classe media, un tempo pilastro del Paese, si è trasformata in una categoria in via di estinzione, costretta a vivere di espedienti e debiti.


La fiducia nelle istituzioni si è disintegrata. Gli apparati statali, paralizzati da burocrazia e corruzione, non rappresentano più un punto di riferimento, ma un ostacolo. La politica, ridotta a teatro di promesse ripetute e mai mantenute, ha perso ogni credibilità. Gli stessi che gridavano alla libertà dopo la rivoluzione oggi preferiscono il silenzio. Si è passati dall’euforia del cambiamento alla nostalgia dell’ordine. In questa transizione incompiuta, LA TUNISIA CHE NON SORRIDE PIÙ vive sospesa tra democrazia fragile e autoritarismo latente, senza fiducia né orizzonte.


Il disagio non è solo economico, ma psicologico. La Tunisia è un Paese che vive in apnea: respira a tratti, come se ogni giorno dovesse decidere se valga la pena andare avanti. I giovani — un tempo simbolo della rivoluzione e del riscatto — oggi incarnano la delusione. Chi può parte, chi resta si rassegna. Il tasso di disoccupazione giovanile supera il 35%, ma la cifra reale, sommando precariato e lavoro informale, è molto più alta. Si studia senza prospettive, si lavora senza tutele, si vive senza certezza. L’unica mobilità sociale oggi possibile è quella migratoria.


LA TUNISIA CHE NON SORRIDE PIÙ è anche una questione culturale. Il fatalismo, storicamente parte del DNA tunisino, si è trasformato in apatia collettiva. L’espressione “inch’Allah”, un tempo segno di fede e fiducia nel destino, è diventata la formula con cui si giustifica l’inerzia. È la filosofia della rassegnazione: un modo di sopportare ciò che non si riesce più a cambiare. A livello sociale, questo atteggiamento si traduce in immobilismo, disinteresse, assenza di reazione. Una società che non sorride è una società che non crede più nella possibilità di cambiare le cose.


Eppure, sotto questa superficie immobile, resiste un tessuto di vitalità silenziosa. Nonostante tutto, la Tunisia continua a esistere, a produrre, a dialogare. L’economia informale rappresenta ormai quasi il 40% del PIL: segno di una creatività economica forzata, ma pur sempre viva. Le donne, in particolare, restano un motore di sopravvivenza sociale, sostenendo famiglie intere con lavori invisibili, instabili, ma indispensabili. Sono loro, oggi, a incarnare la parte più autentica della speranza tunisina.


Ciò che serve alla Tunisia non è un nuovo slogan, ma un nuovo patto morale. Servono regole semplici, meritocrazia reale, una burocrazia che serva e non ostacoli, una politica che ascolti invece di amministrare il proprio fallimento. Fino ad allora, il sorriso resterà un lusso, un gesto riservato ai bambini e ai turisti.


Ma la verità è che il sorriso tunisino non è morto: si è ritirato, come una marea in attesa di tornare. Quando tornerà, sarà diverso. Non sarà più un sorriso ingenuo, ma consapevole. Sarà il segno di chi ha attraversato la tempesta e ne è uscito in piedi. LA TUNISIA CHE NON SORRIDE PIÙ non è un Paese sconfitto: è un Paese in pausa. E quando ricomincerà a respirare davvero, quel sorriso tornerà. Più lento, più vero, più umano.

✍️ Testo di Max Ramponi

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📸 Didascalia: «Manifestazione a Tunisi: i manifestanti tunisini chiedono una riforma della magistratura».

👤 Crediti: by Magharebia via Flickr. | 🔗 Fonte: Flickr photo ID 6031795315.


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