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Tunisia e intelligenza artificiale: la rivoluzione silenziosa

  • Immagine del redattore: Max RAMPONI
    Max RAMPONI
  • 30 ott
  • Tempo di lettura: 4 min

AI TUN

C’è un vento strano che soffia tra i coworking di Tunisi e gli uffici governativi di Lac 2, un vento che profuma di silicio e ambizione. Lo chiamano intelligenza artificiale, ma in Tunisia assume un sapore particolare: non è solo algoritmo, è speranza. Dopo anni di stagnazione e promesse mancate, il Paese sembra essersi accorto che il futuro non si mendica — si programma.

L’AI, oggi, è la nuova frontiera di una rivoluzione silenziosa che si muove senza cortei né slogan, ma con tastiere, acceleratori di startup e piani nazionali che provano a insegnare alle macchine a pensare in arabo e in francese, ma soprattutto in tunisino. Il governo ha annunciato una strategia nazionale per l’intelligenza artificiale che dovrebbe entrare in vigore nel 2025, puntando a integrare la tecnologia in sanità, trasporti, educazione e ambiente.

Dietro la facciata burocratica del piano si intravede qualcosa di più profondo: la volontà di dotarsi di una sovranità digitale, di smettere di essere semplicemente un Paese che consuma tecnologia occidentale e iniziare a produrla, adattarla, renderla propria. Un Paese piccolo che sogna di parlare la lingua dei grandi dati.Nel frattempo, fuori dalle istituzioni, il fermento è già iniziato. Startup come Addvocate. AI, nata a Tunisi con ambizioni internazionali, lavorano a sistemi di vendita intelligenti per aziende af ricane ed europee; Anavid utilizza l’AI per analizzare i comportamenti dei clienti nei negozi; e l’incubatore 216 Capital ha annunciato un fondo dedicato a venti nuove imprese tech tunisine. Tutto questo non è ancora la Silicon Valley, ma è un movimento reale, tangibile, spinto da una generazione che non vuole più emigrare per sentirsi moderna. La Tunisia, oggi, è seconda in Africa per “AI Talent Readiness Index”, subito dopo il Sudafrica e a pari merito con l’Egitto. Significa che il Paese non è più solo periferia digitale, ma un nodo emergente di formazione, ricerca e sperimentazione. Un risultato raggiunto grazie a programmi di formazione con Samsung, università locali, corsi di machine learning che spuntano come spezie nei souk digitali.


Eppure il rischio è lo stesso di sempre: formare giovani brillanti che poi, davanti alla mancanza di opportunità, scelgono la via dell’espatrio. La fuga dei cervelli è la costante che nessun algoritmo riesce ancora a risolvere.Nel settore pubbl ico, i primi segnali concreti si vedono già: un prestito internazionale da 51 milioni di dollari finanzierà la modernizzazione della protezione civile tunisina, con droni, sale operative intelligenti e sistemi di IA per coordinare i soccorsi. È un passo piccolo ma significativo — un modo per dire che la tecnologia può servire a qualcosa di più nobile che spiare i consumatori. Ma dietro la patina ottimista resta la Tunisia reale: quella che lotta con infrastrutture lente, normative in ritardo, connessioni instabili e un’amministrazione pubblica spesso più analogica che digitale. L’intelligenza artificiale, qui, rischia di diventare un’altra illusione se non si affrontano i problemi di base: dati affidabili, trasparenza, inclusione. Perché se i benefici restano concentrati solo tra Tunisi e Sousse, mentre l’interno del Paese continua a vivere offline, allora l’AI non sarà che l’ennesimo specchio tecnologico delle disuguaglianze.


C’è poi la questione della sovranità digitale: a chi appartengono i dati dei cittadini? Chi controlla gli algoritmi che prendono decisioni sulla sanità o sulla sicurezza? È il grande dilemma dei Paesi emergenti, e la Tunisia non fa eccezione. Integrare l’AI senza diventare dipendenti da colossi stranieri è un equilibrio fragile: il rischio è costruire una casa intelligente con fondamenta in affitto.Nonostante tutto, la sensazione è che qualcosa si stia muovendo davvero. L’AI, in Tunisia, non è solo un fenomeno tecnologico: è un nuovo modo di pensare la modernità. È il tentativo di riscrivere la narrazione di un Paese troppo spesso raccontato come “in transizione”, come se fosse eternamente in attesa di diventare qualcosa. Questa volta, forse, la transizione non è politica ma cognitiva.Chi attraversa la Tunisia oggi — tra un caffè al centro di Tunisi e un coworking a Sfax — avverte un’energia diversa. La gioventù tunisina, nata dopo la rivoluzione, non crede più ai partiti ma crede nei progetti. Non invoca più il cambiamento: lo codifica. E lo fa con un realismo che somiglia molto a una forma nuova di speranza: meno romantica, più algoritmica.


La rivoluzione silenziosa dell’AI tunisina non è fatta di piazze, ma di schermi; non di megafoni, ma di server. Eppure, come tutte le rivoluzioni vere, non si nota finché non è già cominciata.

📍 Tunisia announces new digital transformation and AI strategy – WeAreTech Africa (2025)

📍 Tunisia 2nd in Africa 2025 AI Talent Readiness Index – Invest in Tunisia (2025)

📍 Samsung Innovation Campus accelerates AI skills in Tunisia – Samsung CSR (2025)

📍 Tunisia’s Addvocate. AI secures investment to boost sales tech expansion – iAfrica (2024)

📍 Tunisia secures $51M loan to modernize civil protection with AI and drones – iAfrica (2025)

📍 Big Tech Africa Forum in Tunisia attracts 100 startups from 30 countries – Africanews (2025)

✍️ Testo di Max Ramponi

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